Shop 3 | Pezzi unici | Manuela Furlan | ...miracles | 250 - 350 - 480 euro


Manuela Furlan è nata a Magenta nel 1973. Ha frequentato l'Accademia di Brera e la Scuola del Fumetto di Milano. Ha studio a Milano dove vive e lavora.

Lasciamo a Beatrice Gaspari il compito di raccontarcela in questa breve intervista:

Quando hai cominciato a dipingere?

Dipingo da sempre: dopo il liceo mi ero iscritta all’accademia, poi ho ripiegato sulla scuola di fumetto…

Hai mai lavorato come fumettista?

No. All’epoca, avevo semplicemente necessità di ripiegare su una dimensione un po’ più intima rispetto all’accademia. Pian piano, il mio modo di lavorare ha preso una sua direzione, e dopo una bella esperienza come illustratrice, da giovanissima, con Feltrinelli, la pittura è diventata il mio mezzo esclusivo di espressione.

Il tuo lavoro presenta dei soggetti che tornano, quasi dei Leitmotiv.

Un po’ di cronistoria?

Le canoe sono arrivate nel 2012. Era un momento delicato della mia vita. Ero costretta a casa e mi sono imbattuta in un documentario sulle popolazioni amazzoniche. L’acqua, lo scorrere di un fiume, una barca che scivolava: tutti temi che mi parlavano simbolicamente di un passaggio tra due dimensioni. Mi hanno aperto a nuove possibilità di rappresentazione del paesaggio.

Il soggetto degli skaters?

Lo skate, come in precedenza la canoa, ha rappresentato per il mio lavoro una sorta di leva.

In che senso?

Una leva è qualcosa che, con il minimo sforzo, permette di raggiungere dei risultati. E la fusione tra lo strumento (la canoa, lo skate) e l’essere umano è in grado di trasformare la figura rappresentata in qualcos’altro: una sorta di creatura mitologica, nata dall’unione tra due nature.

In generale, quello che dipingi è basato su esperienze reali?

Mai. Per me, si tratta sempre di connessioni che non partono da un’esperienza vissuta: molte delle mie tele si intitolano Amazzonia, ma io non ci sono mai stata, né sono mai salita in canoa. Lavoro a partire da suggestioni esclusivamente mentali, basate su sensazioni, frammenti cinematografici, fotografie….

Lavori sia su tela sia su carta. A seconda di cosa scegli il tuo medium?

In passato prediligevo la carta, anche da imballaggio, da scenografia. Mi piace ancora molto, ma ora, di solito, preferisco lavorare sulla tela sciolta. Mi permette di gestire i lavori di grandi dimensioni, che ultimamente mi stanno molto a cuore.

La tecnica?

Sono un’adepta dell’acrilico: asciuga in fretta. Io non ho pazienza, e amo le pennellate veloci.

All’inizio della tua carriera, i tuoi lavori erano sorte di macchie di colore con disegni al tratto, quasi stilizzati?

Sì, utilizzavo un pastello a metà tra l’olio e l’indelebile, usato nell’edilizia. Il segno che lasciava era nero, lucido, materico, Mi permetteva di definire una figura in pochi tratti. Ora, ogni tanto uso il pastello a olio, ma quel segno così nero non è più tornato.

I tuoi quadri sono luminosi. Da dove viene la tua palette?

Riguardando le tele più vecchie, le trovo piuttosto cupe, buie: quasi non mi ci riconosco. È come se in passato mi fossi costretta ad assecondare un’immagine di introversione che non mi appartiene: in realtà, io mi sento affine ai colori dei miei ultimi lavori: forti, primari, a volte un po’ dissonanti.

Quali sono le fonti della tua ricerca visiva?

Ci sono degli artisti che mi hanno sconvolto, aprendomi prospettive nuove. Ma, in generale, non sono molto attenta a quello che succede a livello di arti figurative. Sono più interessata al cinema, alla fotografia, alla letteratura… Per me sono fonti di ispirazione imprescindibili.

Nei tuoi lavori più recenti, risulta sempre più centrale la figura umana. Sei d’accordo?

È sempre stata centrale, ma nel corso degli anni si è modificata: ultimamente ho l’impressione di starla alleggerendo, a livello di toni e segno. Soprattutto quando dipingo gli skater. Il risultato mi pare un po’ più fresco. Forse arriverà un punto in cui dovrò smettere di togliere

Hai molti taccuini. Cosa contengono?

Li ho utilizzati soprattutto in un periodo preciso, e mai per lavorare a schizzi preparatori: non dipingo i madal vivo. I taccuini rispecchiavano semplicemente la necessità di chiudermi in una dimensione più piccola, più intima…  

Sperimenti nuove tecniche?
Ho sperimentato molto, in passato. Ora sento di avere una mia direzione.

Sei metodica nella gestione del tuo lavoro?

Ci sono giorni in cui non dipingo, altri in cui la mia attività è frenetica. Accetto il fatto che periodicamente ci si esaurisce, e si ha bisogno di ricaricare lo stimolo. Spesso lavoro su più tele contemporaneamente: magari le accantono per un po’, poi ci torno sopra, e le modifico. Ma capita anche che trovi subito una direzione. In quel caso, sono rapida: in poco tempo sono in grado di risolvere un lavoro.

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